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domenica 7 aprile 2019

MDW2019: Baolab collabora con Tiziano Vudafieri al progetto Wilhelm Lamp


L’architetto risponde all’invito di Rossana Orlandi per dare una seconda vita alla plastica, realizzando un pezzo unico in policarbonato riciclato, omaggio al Maestro tedesco del Bauhaus di cui è collezionista.
Nell’ambito della mostra di Rossana Orlandi “Guiltlessplastic - Master’s Pieces”, l’architetto Tiziano Vudafieri presenta Wilhelm Lamp.
Il pezzo unico – stampato in 3D in policarbonato riciclato - rappresenta un’inedita rilettura di un vaso del designer tedesco Wilhelm Wagenfeld, insegnante del Bauhaus e maestro indiscusso del design modernista, di cui Vudafieri è collezionista.


Ro Plastic-Master’s Pieces, curata da Rossana Orlandi, è una mostra di 27 pezzi inediti in plastica riciclata realizzati da artisti, designers e architetti di fama mondiale.
L’opera sarà esposta nello scenografico contesto del Padiglione Ferroviario del Museo della Scienza e della Tecnologia, dal 6 al 14 aprile. Tutti i pezzi sono stati pensati, concepiti e realizzati rigorosamente in plastica riciclata e riciclabile.
La Wilhelm Lamp nasce dalla passione di Tiziano Vudafieri per il designer tedesco:
“Wilhelm Wagenfeld è stato l’unico maestro del Bauhaus ad applicare alla vita reale l’utopia di questo movimento, invadendo il mercato nel secondo dopoguerra con bellissimi oggetti di uso comune dal design innovativo e dal prezzo accessibile. Negli anni ’20 e ’30, è stato un grande innovatore delle tecniche industriali, soprattutto del vetro, essendo tra i primi a utilizzare la tecnica Soffio – Soffio appena inventata e il primo in assoluto a usare il vetro borosilicato per uso domestico. I suoi pezzi fanno parte, ad esempio, della collezione permanente del Moma, ma Wagenfeld resta inspiegabilmente un maestro conosciuto soprattutto nel mondo tedesco. Tra le sue opere prediligo i vetri, i vasi in particolare, dalle forme classiche e rigorose, eleganti e moderne. Da qui l’idea di riciclare non solo i materiali per l’oggetto, ma anche il design stesso, in pieno tema Guiltless Plastic.” spiega Tiziano Vudafieri.
L’architetto è così partito da un vaso in vetro di Wagenfeld del 1935 per trasformarlo in un’imponente lampada a sospensione ad altezza umana. Durante l’esposizione il lampadario illuminerà proprio il vaso originale – parte della collezione personale di Tiziano Vudafieri – a sottolineare la relazione tra ispirazione ed opera.
Scrive Walter Gropius, architetto fondatore del Bauhaus, in una lettera diretta allo stesso Wagenfeld nel 1965: “Ti assicuro che tu e il tuo lavoro siete il caso esemplare di ciò che il Bauhaus persegue”.


Materiale e tecnica di produzione
Per realizzare la Wilhelm Lamp è stato scelto il policarbonato riciclato, un materiale plastico riciclabile trasparente, dall’alta resistenza termica e meccanica, che l’ha reso ideale per la realizzazione di un oggetto imponente, ma allo stesso tempo dotato della giusta fluidità allo stato fuso che ha consentito lo stampaggio tramite tecnologia 3D.
Il policarbonato riciclato risponde all’importante necessità di garantire una secondo utilizzo a prodotti di largo consumo arrivati a fine ciclo di vita: disponibile in grossi quantitativi, il policarbonato viene macinato, fuso e riprocessato, secondo un tipo di riciclo definito
“meccanico”.
Di grande valore la filiera di partners e consulenti di cui si è avvalso Vudafieri, a partire da Baolab – agenzia specializzata sui trend colori-materiali-finiture – per l’identificazione della materia e delle tecniche più adatte, al fornitore di termoplastici tecnici LATI, fino a GIMAC.
Dotata di una delle più grandi stampanti 3D disponibili, Gimac ha sviluppato una tecnica di stampa che parte direttamente dai granuli di plastica, saltando il passaggio della trasformazione in fili e consumando di conseguenza meno energia.
La Wilhelm Lamp si compone di 12 spicchi - alti circa 160 cm e larghi circa 45 cm. I 12 spicchi sono distanziati l’uno dall’altro e tenuti insieme da una struttura in metallo. Il risultato è un lampadario “facilmente” componibile, smontabile e trasportabile in una scatola.
La parte illuminante è un porta lampada in ottone a 4 luci, con due lampadine laterali per la luce diffusa e due a spot per una luce puntuale verso il basso.

sabato 1 aprile 2017

Inaugurato il nuovo DRY MILANO

i quattro soci di DRY Tiziano Vudafieri Diego Rigatti Andrea Berton Giovanni Fiorin
 
La squadra d’eccezione di Pisacco e Dry: lo chef Andrea Berton , Giovanni Fiorin, Tiziano Vudafieri e Diego Rigatti, fa il bis in città.
Nel cuore di uno dei quartieri della nuova movida milanese, all’angolo tra viale Vittorio Veneto e via Manunzio, nasce il secondo DRYMilano con una “doppia anima” diurna e serale.
L’apertura durante l’ora di pranzo e il nuovo laboratorio di pasticceria, rappresentano i due elementi di novità di questo locale, che vedrà ampliata la proposta d’insalate d’autore, piatti complementari e dessert.
 
Alessandro Costacurta Martina Colombari Andrea Berton con la moglie
 
Il progetto assolutamente innovativo, valorizza la duplice esposizione della location e la luce delle tredici vetrine che caratterizzano le facciate. Il nuovo DRY si affaccia sulla Casa della Fontana, uno dei più iconici edifici della Milano degli anni Trenta, sul giardino di via Palestro e, con un dehors, sui Bastioni.
 
Tiziano Vudafieri Beppe Sala Ferruccio Resta
 
FILOSOFIA DI CUCINA
Qualità e prezzi leggeri. Andrea Berton e il team di Pisacco scommettono, ancora una volta, sula formula vincente del primo Dry (aperto nel 2013), arricchendola.
Cocktail, pizza gourmand, una varietà d’insalate, salumi e carni stagionate d’eccezione (come la bresaola di Panatti o il crudo a lenta stagionatura). Per quanto riguarda focacce e pizze, non mancheranno Le Classiche (che si potranno personalizzare con condimenti serviti al tavolo), ma la lista conterrà anche una serie di Pizze dello Chef, studiate ad hoc per il nuovo DRY. Al forno, di nuovo Simone Lombardi, pizza chef noto per la sua continua ricerca e sperimentazione. Grande attenzione per impasto, lievitazione e cottura, abbinamenti guidati e di estrema qualità per una pizza che, in poco tempo, è diventata uno straordinario caso di successo e, a detta di molti, la migliore della città.
 
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La zona bar, situata tra due cocktail station, sarà il fulcro del locale. La back station a vista consentirà agli ospiti di assistere alla finitura dei drink, costruiti con materie prime di grande qualità, creatività e tecnologia. Anche in questo caso sarà possibile ordinare alcuni must del Dry, come il “French 75” o il “Corpse Reviver”, ma la vera novità saranno i Signature, a base di vino e shrub (ingrediente home made ottenuto dalla fermentazione della frutta), per un basso contenuto alcolico e un altro grado di novità. Una lista dei vini verticale, costruita attraverso una selezione di due soli vitigni: Pinot Nero e Riesling, è arricchita da spumanti, champagne e Crémant, oltre che da un Rosso e da un Bianco serviti da magnum al bicchiere (come del resto molte delle referenze dalla carta).
Le proposte dei soft drink comprendono, invece, una vasta scelta di acque aromatizzate, ottenute attraverso i processi d’infusione ed estrazione a freddo.
 
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Infine, la nota dolce, nonché uno degli elementi di novità che caratterizzano il nuovo DRY. Un nuovo laboratorio di pasticceria affiancherà pizzeria e cucina. L’ampia selezione di dessert completerà la proposta di tradizionali gelati e sorbetti artigianali che hanno contribuito alla fama del Dry.
 
Beppe Sala con Tiziano Vudafieri
 
DESIGN E DECOR (a cura dello studio VUDAFIERI-SAVERINO Partners):
Gli interni colpiscono, innanzitutto, per le loro dimensioni. La divisone degli spazi ricorda quella del locale gemello di via Solferino.
L’ingresso è occupato da un’imponente cocktail station dove è prevista la mise en place (novità assoluta a Milano), organizzata in tre atolli e circondata dai tavoli comuni. La seconda sala, invece, è dedicata al ristorante-pizzeria.
Il decor mixa gli elementi d’epoca dello stile dell’edificio che lo ospita (un’antica azienda di distribuzione di giornali fondata all’inizio del Novecento), con altri più moderni, per un layout decisamente più audace e contemporaneo.
Il pavimento in legno si contrappone ai muri storici, lasciati in parte grezzi. Questo contrasto ne accentua l’aspetto da moderno loft ricavato da un ex spazio industriale.
L’ottone, l’elemento materico iconico di DryMilano, caratterizza la maggior parte delle finiture d’arredo come i grandi tavoli e le luci. I lampadari second life sono costruiti avvitando vecchi portalampade, con lampadine ad incandescenza di recupero o, ancora, attorcigliando ghirlande luminose da giardino attorno semplici barre.
I separé DryMilano a tutta altezza, ottenuti sovrapponendo tavoli e pensili da cucina, delimitano gli spazi aperti rendendoli più intimi.
Extra Dry, il programma di video installazioni d’arte contemporanea curato da Paola Clerico/Case Chiuse, contribuisce a rafforzare l’atmosfera urban del locale e si apre alla città attraverso le proiezioni, su due delle vetrine, che saranno visibili anche all’esterno.