"Il coraggio e l'intuizione, la generosità e l'umiltà, il denaro e il tempo, una forte consapevolezza del significato storico: sono questi i fattori dovuti sia alle circostanze esterne sia alle doti naturali che hanno fatto di Peggy Guggenheim un'eccezionale mecenate dell'arte del ventesimo secolo" scrive Alfred H. Barr Jr. nell'introduzione a "Una vita per l'arte". "Ho usato con un certo timore la parola mecenate, divenuta ormai trita e in certo senso pomposa: eppure è il termine esatto. Perché un mecenate non è semplicemente un collezionista che raccoglie opere d'arte per il proprio piacere, o un filantropo che aiuta gli artisti o fonda un museo pubblico, ma una persona che sente di avere una responsabilità verso l'arte e gli artisti e che ha i mezzi e la volontà per agire in conformità a questo sentimento."
Peggy Guggenheim nacque nel 1898 da una ricca famiglia ebrea di industriali americani, di origine svizzera. In giovane età, in seguito a varie vicende familiari, entrò in possesso di un considerevole patrimonio. Di carattere inquieto, afflitta dallo spleen, decise di abbandonare gli studi e partì alla scoperta dell'Europa, sulla scia di tanti 'nomadi' intellettuali americani del tempo: vi rimase circa vent'anni, frequentando il mondo letterario e artistico, che aveva a Londra e a Parigi i suoi centri principali. Fu attratta soprattutto dagli artisti, nella cui vita bohémienne si sentì perfettamente integrata. Di tale ambiente divenne una mecenate nel senso più ampio del termine: vi investì le sue cospicue fortune dedicandosi alla collezione di opere d'arte. 'Collezionò' anche, con una passione divorante, gli autori: amica e amante di molti, moglie, per periodi più o meno lunghi, di alcuni, fu per tutti una 'musa inquieta'.
Peggy Guggenheim nacque nel 1898 da una ricca famiglia ebrea di industriali americani, di origine svizzera. In giovane età, in seguito a varie vicende familiari, entrò in possesso di un considerevole patrimonio. Di carattere inquieto, afflitta dallo spleen, decise di abbandonare gli studi e partì alla scoperta dell'Europa, sulla scia di tanti 'nomadi' intellettuali americani del tempo: vi rimase circa vent'anni, frequentando il mondo letterario e artistico, che aveva a Londra e a Parigi i suoi centri principali. Fu attratta soprattutto dagli artisti, nella cui vita bohémienne si sentì perfettamente integrata. Di tale ambiente divenne una mecenate nel senso più ampio del termine: vi investì le sue cospicue fortune dedicandosi alla collezione di opere d'arte. 'Collezionò' anche, con una passione divorante, gli autori: amica e amante di molti, moglie, per periodi più o meno lunghi, di alcuni, fu per tutti una 'musa inquieta'.
Nel 1941 tornò negli Stati Uniti con la sua collezione, che organizzò nell'Art of This Century, una galleria d'arte che rapidamente divenne internazionalmente famosa, in quanto costituiva forse l'unica raccolta esauriente delle correnti d'avanguardia dall'inizio del secolo agli anni Quaranta: comprendeva cubisti, astrattisti, costruttivisti, dadaisti, surrealisti, neoclassici. Nel 1948 la Guggenheim espose la sua collezione alla Biennale di Venezia. Affascinata dalla bellezza della città, non l'abbandonò più. Acquistò Palazzo Venier dei Leoni, affacciato sul Canal Grande, e ne fece una casa-museo, aperta al pubblico tre giorni alla settimana.
Una vita per l'arte è la sua autobiografia, la storia della sua straordinaria vita, una vita da "eroina transatlantica di Henry James", come la definì Gore Vidal, e delle sue tempestose relazioni con Laurence Vail, Yves Tanguy, Samuel Beckett, Max Ernst e altri famosi scrittori e artisti. Ed è, anche la storia di un importante periodo artistico, e dell'innegabile influenza che su di esso ebbe Peggy Guggenheim.
Sullo sfondo, tra le vicende private della ricchissima ed eccentrica famiglia Guggenheim, emergono gli avvenimenti dell'Europa tra le due guerre; il ventennio in cui Peggy, provvista di una "lista della spesa" compilata con l'aiuto del suo consigliere Marcel Duchamp, comprava opere d'arte al ritmo di una al giorno, alternando questi acquisti con quelli di abiti e cappellini. Un'esistenza interamente dedicata all'arte, fino all'anno della sua morte (1979), che la colse a Venezia, nei cui salotti aveva regnato come "l'ultima dogaressa".