Pucci pulsa nel luogo dove tutto si è sviluppato: a Palazzo. La varietà di ambienti, dalle cancellate ornate alla modernità senza compromessi del terrazzo affacciato sul Duomo, disegnato da Gae Aulenti nel 1968, dove Emilio amava trascorrere del tempo, si riflette nella rifrazione geometrica di stampe, motivi, tagli.
Tout se tient. Il mismatch come facile armonia di intarsi, blocchi di colore, pattern ritmici.
Passato e presente collidono: graficamente, con naturalezza. Il rispetto per i valori fondanti stimola il progresso, senza nostalgie. Il look è asciutto, a strati, disinvolto e scanzonato.
Stampe d’archivio, ripensate, incontrano nuove stampe: piume, geometrie “Monreale”, labbra “El Borracho”, fiori. Di più è sicuramente più divertente.
I pattern si trasformano in texture: piume ricamate, sequenze geometriche ritagliate come frange.
I segni di punteggiatura: una sciarpa lunga e sottile; una cintura alta; un tocco di pelliccia; guanti lunghi. Occhiali da sci per uno slash contraddittorio.
Gonne a pieghe nascondono a sorpresa motivi geometrici nel plissé. Pigiama, abiti corti e lunghi hanno una facilità insolente. Motivi fotocopia allover ammiccano a una certa imperfezione. Il cappotto impeccabile aggiunge stabilità. Le running a bande hanno un aspetto dinamico. Facilità. Velocità. Irriverenza. Queste sono le parole d’ordine.
Nuovi equilibri si materializzano sotto l’egida di uno stemma storico. La nuova tribù Pucci si raduna, senza sforzo.
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