Gli stipendi dei parlamentari non sono stati tagliati. I vitalizi non sono stati aboliti. Le province restano al loro posto. E il Parlamento italiano continua a essere il più costoso del mondo. Se si dovesse fare un bilancio di questi mesi di lotta alla casta, verrebbe voglia di portare i libri in tribunale e dichiarare fallimento: la riduzione dei costi della politica è uno scherzo, una burla, al massimo un annuncio per l’ora dei tg. Roba buona per continuare a riempirsi la bocca, e magari il portafoglio. Il risultato infatti è sotto gli occhi di tutti: loro continuano ad avere le tasche piene. E gli italiani invece ne hanno piene le tasche.
In effetti: quando viene annunciato un aumento delle tasse, non fai
in tempo a leggerlo che già lo stai pagando. Quando invece si tratta di
tagliare le spese del Palazzo, si scrivono mille articoli, si leggono
mille proposte, si sentono mille promesse. Poi non succede mai nulla.
Anche il premier Mario Monti appena salito a Palazzo
Chigi aveva promesso: «Taglieremo i privilegi». Ma, al di là di tante
chiacchiere, che cosa è stato tagliato davvero?
Gli stipendi dei parlamentari non si toccano. Hanno
creato una commissione (la commissione Giovannini) che ha studiato 4
mesi, poi ha elaborato alcune astruse formule algebriche e ha gettato la
spugna. Le province non solo restano al loro posto, c’è qualcuno che
vuole costituirne una nuova, come la provincia di Gela (la motivazione:
«Si trova al centro della direttrice New York-Bombay». Ma certo, non lo
sapevate? New York-Gela-Bombay: è un classico).
E i partiti? La legge sui «rimborsi elettorali » non si cambia. Nel 2010 il Pd ha speso 14 milioni e ne ha incassati 51, il Pdl ne ha spesi 20 e ne ha incassati 53. La Lega ne ha spesi 8 e ne ha incassati 22. Alla faccia dei «rimborsi»: grazie a quel meccanismo perverso (e intoccabile) i partiti sono fra i pochi in Italia a non avere problemi di soldi. Ne hanno così tanti che a volte finiscono nelle ville dei tesorieri o magari in Tanzania.
E i partiti? La legge sui «rimborsi elettorali » non si cambia. Nel 2010 il Pd ha speso 14 milioni e ne ha incassati 51, il Pdl ne ha spesi 20 e ne ha incassati 53. La Lega ne ha spesi 8 e ne ha incassati 22. Alla faccia dei «rimborsi»: grazie a quel meccanismo perverso (e intoccabile) i partiti sono fra i pochi in Italia a non avere problemi di soldi. Ne hanno così tanti che a volte finiscono nelle ville dei tesorieri o magari in Tanzania.
Vogliamo parlare delle pensioni? Nel dicembre 2011, subito dopo avere votato per alzare l’età pensionabile degli italiani a 66 anni, il senatore della Lega Luciano Dussin è
andato in pensione a 52 anni. Pensione parlamentare, è ovvio. Sul tema
del vitalizio nessuno lascia, qualcuno raddoppia: ci sono 200
superprivilegiati che di vitalizi ne prendono addirittura due, uno da ex
parlamentare e uno da ex consigliere regionale. Fra di loro: l’ex
leader del movimento studentesco Mario Capanna, il banchiere Giuseppe Guzzetti, Antonio Bassolino, Nicola Mancino, l’ex craxiano Paris Dell’Unto, Ortensio Zecchino, Elio Veltri…
E pensare che quello delle pensioni dei parlamentari è l’unico settore in cui un risultato l’abbiamo raggiunto: ricordate l’onorevole Giuseppe Gambale andato in pensione a 42 anni? O Alfonso Pecoraro Scanio a 49? O Vittorio Sgarbi a 54? Ebbene, non è più possibile: ora i parlamentari dovranno aspettare i 60 anni.
Evviva. Ma questo sarebbe il grande rigore? Lo slancio di sobrietà? Il
sacrificio esemplare? Portare le pensioni dei parlamentari a 60 anni
mentre si portano quelle degli italiani a 66? Ah, dimenticavo: i
parlamentari sono anche passati dal più vantaggioso retributivo al contributivo. Gli italiani lo avevano fatto 17 anni fa. E, a differenza degli onorevoli, senza possibilità di presentare ricorso.
Anche le spese del Palazzo, alla faccia dei tagli,
continuano a crescere. Ridurle? Non se ne parla. Mentre gli italiani
arrancavano con la crisi, gli stipendi dei dipendenti di Palazzo Chigi
crescevano allegramente: +15,2 per cento nel 2011. Uno
stenografo del Senato può arrivare a guadagnare 259 mila euro (più del
presidente della Repubblica). Nei consigli regionali ci sono ben 75
monogruppi, cioè gruppi formati da una persona sola (nel Lazio su 15
gruppi ce ne sono 8 mono, in Piemonte sono 7 su 13, nelle Marche 9 su
15). Da todos caballeros a todos presidentes: così le indennità sono più
alte, con segretarie, auto blu e benefit.
Eliminare gli sprechi? Ma quando mai. La Provincia di Palermo paga 43
ore di straordinario agli spalatori di neve per il mese di luglio.
Spalatori di neve? A luglio? A Palermo? In straordinario? Mah. La
Regione Veneto finanzia il gemellaggio culturale con le isole Figi e il
viaggio della confraternita del baccalà alla vicentina nelle isole
Lofoten; la Valle d’Aosta il viaggio del diving center di Nus al lago
Titicaca in Bolivia. La Provincia di Prato spende 61 mila euro per una
ricerca sui pipistrelli, quella di Treviso 21.600 per studiare le
anguille, la Lombardia 75 mila per osservare gli scoiattoli. Un
finanziamento non si nega a nessuno, dalla Fiera della Possenta di
Ceresara a Centoquaranta la banda che canta, dal concorso Crea un abito
per Sant’Omobone Terme al libro La strada dell’asparago bianco di
Cimaldolmo.
La tassazione ha raggiunto il livello record. In compenso si
continuano a buttare i soldi dei contribuenti con generosità: nel
settembre 2011 la Regione Umbria fa un contratto a tre consulenti per il
monitoraggio genetico della popolazione del lupo. E il Comune di
Perugia ingaggia 13 persone per leggere i numeri civici delle vie… La
Sardegna ha assoldato l’esperto in zone umide, la Sicilia l’esperto in
rane verdi. A Palermo e dintorni, pur avendo il record di dipendenti
pubblici, sono specialisti nell’assumere consulenti stravaganti: da
quello in sicilianità a quello in «rilevanza sociale dello sport», da
quello in germoplasma a quello «in bande musicali e pro loco» (che farà
mai? Consulenza sulla lucidatura del trombone?). E, dopo avere speso
tutti questi soldi in esperti, sapete la Regione Siciliana che fa?
Riduce le spese? Macché: assume un esperto per studiare come ridurre le
spese…
So che a questo punto molti si chiederanno: perché scrivere (e
leggere) un altro libro che fa venire il mal di fegato? Ma la risposta è
semplice. Mal di fegato dopo mal di fegato, qualche piccolo risultato
lo abbiamo ottenuto. Nel libro si racconta quale. Ma è ancora troppo
poco. Ancora troppe persone sguazzano nei privilegi. Ancora troppe
persone fingono di fare riforme solo per riderci in faccia e prendersi
gioco di noi. Dobbiamo smascherarli, questi spudorati. Perché se noi smettiamo di batterci vincono loro. E non possiamo permettercelo.
(Di Mario Giordano)
Nessun commento:
Posta un commento