Concreta astrazione. Il binomio che sottende al lavoro del pittore britannico Victor Pasmore prende forma nella Primavera-Estate 2019 immaginata da Gabriele Colangelo per GIADA. La materia è alleggerita, i volumi sono aerei, le forme vengono diluite in liquide sfumature di colore e i tratti sottili creano delicati grafismi sul corpo in movimento.
A ordire la trama di questo racconto di stile è un elemento che da decorativo diviene costruttivo: il plissé.
Una lavorazione che è protagonista in collezione muovendo la superficie di gonne, bluse e tailleur giacca-pantalone che perdono così la loro connotazione maschile. Aprendosi come un ventaglio, il plissé è oggetto di sperimentazione su tessuti eterogenei, dal binomio seta-nylon, con effetti di iridescenza sul corpo a seguito della rifrazione della luce, alla leggerissima maglieria in filo trilobato proposta nei toni del verde, del bronzo e del rame fino alla pelle plongé utilizzata per rieditare il trench.
Nel plissé trova la migliore espressione l’idea di sfumatura pittorica propria del lavoro di Pasmore. Un effetto ombré che passa attraverso il grigio, il rosa e il verde, tre colori chiave della collezione, che si legano nel susseguirsi dei look al bianco signature di GIADA, illuminato da un accento verde ghiaccio, all’asfalto, al cammello, al bordeaux e al corallo.
La sfumatura corrisponde anche ad un passaggio materico nel racconto della collezione. Tessuti classicamente considerati invernali assumono una connotazione estiva. Il cashmere, in primis, è alleggerito per realizzare spolverini lavorati double. Le lane, a loro volta, perdono ogni pesantezza quando vengono accostate a fluide mischie di cotone, seta e viscosa.
I grafismi, anch’essi di ispirazione pittorica, sono tratti leggeri, riprodotti da fili flottanti ingabbiati in due fogli di organza. Una sorta di intelaiatura proposta in due varianti di colore, bianco con filo grigio e grigio con filo bianco.
La silhouette è fluida e allungata, mossa dal volume delle plissettature e delle pieghe che modificano le simmetrie dei look, dando vita ad inedite architetture. A partire dai capospalla, item chiave del mondo di GIADA. Trench e coat vengono proposti in cashmere iper-light o in doppio foglio di organza, mentre le cappe sono realizzate in una duplice versione preziosa: extra long in nappa plongé beige o super short in visone epilato. Gli abiti sono percorsi da micro impunture o da pannelli con lavorazioni à-jour e da sottili nervature di organza assemblate una ad una. I pantaloni presentano una chiusura laterale delineata da un drappeggio, simile a quello che decora il collo dei dress andando a formare una lunga sciarpa, o diventano oggetto di layering quando sono proposti in chiffon cangiante bicromo.
Ruolo di primo piano è giocato dai bijoux, che diventano elemento decorativo di design. Collane, bracciali, orecchini e broche emulano forme organiche e si fanno interpreti a loro volta del concetto di movimento, attraverso pieghettature e stropicciature che ridisegnano le texture. I gioielli fermano la cintura del trench, sottolineano il drappeggio del pantalone, decorano gli abiti o vanno a formare una scia luminosa sul polso della camicia.
I look sono completati da borse, dal maxi secchiello con doppia impuntura alla busta da lavoro, decorate da coste laterali e centrali intinte di nero o segnate talvolta da una barra metallica. Ai piedi, mini ankle boot e mule attraversati da una banda di vernice nera sottilissima che enfatizza la costruzione ed impreziositi da un tacco in plexi.
LA DONAZIONE:
Come le precedenti stagioni, GIADA ha voluto esprimere la sua gratitudine al luogo che ospita lo show, la Biblioteca Braidense, confermando il suo sostegno verso il patrimonio culturale e artistico italiano. Questa volta, la donazione della casa di moda sarà devoluta al restauro della Sala di Lettura dell’importante istituzione milanese.
La Sala di Lettura è una delle aree principali del complesso storico, nonché la più antica in quanto appartenete alla prima sezione dell’edificio, risalente al XVI secolo. Sin dalle origini, la stanza è stata progettata e costruita come una libreria, originariamente riservata ai Gesuiti come luogo privato per le loro letture e per i loro studi, ragione per cui fu battezzata Sala Teologica. Oggi la stanza accoglie e preserva ancora i libri originali dell’ordine religioso: un tesoro di testi filosofici e teologici che vanno dal XVI al XVII secolo. Al suo interno si trova anche una delle più antiche collezioni di dizionari ed enciclopedie al mondo, oltre a dipinti della fine del ‘700. L’intero soffitto è decorato con un affresco del XVIII secolo, rappresentante le allegorie e figure simboliche delle arti, della scienza e della teologia.
Il restauro di questa stanza permetterà la tutela di un tesoro culturale, del patrimonio di un edificio che nei secoli ha ospitato rappresentanti della cultura e che ha contribuito a salvaguardare la conoscenza delle arti e della filosofia.
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