Anna Piaggi è mancata la notte scorsa. E credo d'interpretare i sentimenti del mondo intero della moda affermando che, con lei, scompare un simbolo, una figura chiave. Non solo una grande giornalista e fashion editor internazionale, ma anche e soprattutto un'icona, una musa, un'ispirazione, Anna non si è infatti limitata a creare e a dirigere importanti testate come Arianna o Vanity, né a coniare contributi, che, come le sue D.P. per Vogue Italia, hanno improntato il nuovo corso del nostro mensile dal 1988 a oggi, imponendo con grande successo il suo modo personalissimo di rilevare evoluzioni e mutazioni della moda. Con uno speciale dono della sintesi e iper sofisticata, incontestabilmente innovativa nei suoi collage d'immagini e parole, crop e close-up, Anna ha soprattutto e sostanzialmente contribuito a fare della moda un linguaggio, un epocale deflagrante mezzo di espressione e comunicazione, un mondo ricco di fascino, unicità, eccentricità nel quale ha fedelmente e fino all'ultimo militato.
Le sue incrollabili passioni per fashion designer, stylist, groomer, per pezzi vintage e irriproducibili prototipi, per artisti della couture e della millinery hanno argomentato il suo ricchissimo guardaroba, i suoi unici stravaganti look, che resteranno a testimoniarne le scoperte, i rapporti elettivi, gli entusiasmi, i coinvolgimenti.
Ci lascia sgomenti e increduli, Anna Piaggi, che non vedremo più lavorare, sempre in prima persona, con gli art director, i grafici, i fotografi, gli illustratori. Che mancherà terribilmente in prima fila alle sfilate.
Che non dispenserà più saluti, parole e sempre intelligenti riflessive
opinioni. Che non potrà più compiacersi di posare a fianco di
giovanissime o giovanissimi newcomer. Mancherà immensamente a quei molti, moltissimi estimatori che, per tanti anni, e generazione dopo generazione, non hanno mai mancato di cercare emozionatissimi una forma di avvicinamento, di
contatto e di scambio con lei. Un mito.
Source: Mariuccia Casadio, Vogue Italia
Photos from internet