Ampi spazi di colore interrotti da un decisivo tratto grafico: l’omaggio è alle campiture delle tele di Newman Barnett.
Riferimento pittorico che Gabriele Colangelo traduce in un’estetica di fluido rigore. Uno anticipando l’altro, in un inseguirsi di sartoriali dettagli, i capi declinano un minimalismo geometrico. Reso organico da drappeggi e ricercatezza delle textures, graficamente composto da lavorazioni couture e stampe in poliuretano.
Monocromo bianco e grigio, alternati al fango e verde bosco, illuminati da lampi arancio mango, tingono un’architettura leggera, che discretamente svela le sue sperimentazioni. Intrecci a filo lasciano intravedere il corpo, mentre attraversano come fessure abiti e capospalla. Oppure percorrono le lunghezze a terra, accostando mille strisce di satin opaco o nappa leggera, con impatto plissé.
L’effetto è invece di un ricamo, quando la magliera in leggerissima viscosa mescola due diversi filati, giuntati con micro punzonature, in taglio sbieco. Tessuti lavorati a double e impalpabili doppiature di organza,
compresa quella con la piattina di lurex, si alternano a twill di seta, crepe cady e nappa plongé, sono le trame preziose, che interpretano la silhouette. Una linearità a tratti sconvolta da improvvisi drappeggi, da togliere o tenere secondo l’attitude, pieghe inaspettate che virano la superficie verso nuove geometrie. Lunghezze sotto il ginocchio, pantaloni sopra le caviglie, a cui sovrapporre i soprabiti e gilet dalle schiene a sfondo piega sovrapposti. Pieghe sormontate firmano anche la borsa di pelle con manici, montata come pezzo unico. Allungata in senso opposto, si struttura come contemporaneo secchiello couture. Nastri di metallo e resina colata sottolineano orli, fissano il movimento dei drappeggi, chiudono i polsi come maxi gemelli con micro catene flottanti, altrimenti le cinture, con scultorea presenza.
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